Più specializzazione, ma anche rischio di blocco per le procedure delle gare d’appalto. È il rischio in cui, secondo l’Ance, potrebbero incorrere i contratti pubblici dopo la manovra Salva Italia.
L’Associazione nazionale costruttori edili ha fatto il punto sulle novità negli affidamenti gestiti dai Comuni al di sotto dei 5 mila abitanti.
Per ridurre i costi amministrativi, la manovra ha introdotto, per i contratti successivi al 31 marzo, una norma in base alla quale i Comuni con una popolazione non superiore a 5 mila abitanti devono affidare ad un’unica centrale di committenza l’acquisizione di lavori nell’ambito di unioni di comuni, se esistenti, o costituendo accordi consortili.
Con la nuova normativa, sottolinea l’Ance, i Comuni con meno di 5 mila abitanti non potranno più bandire gare d’appalto in via autonoma, ma dovranno necessariamente ricorrere a centrali di committenza, mediante le unioni di Comuni già esistenti oppure concludendo accordi.
Le unioni e i consorzi potranno inoltre optare per la costituzione di una centrale di committenza ad hoc o per l`adesione alla Stazione unica appaltante regionale, se esistente, mediante la stipula di un’apposita convenzione.
In base all’analisi dell’Ance, la modifica delle norme implica sicuramente la costituzione di organismi altamente specializzati nella gestione delle procedure di evidenza pubblica e consente il superamento della gestione frammentata delle gare. D’altra parte, sottolinea l’associazione dei costruttori, i termini previsti dal legislatore per l’organizzazione delle procedure sembrano ristretti e possono far temere per un blocco delle procedure di gara.
L’Ance auspica infine che si eviti l’accorpamento delle gare dal momento che il trend delle norme va verso la suddivisione per consentire la partecipazione alle piccole e medie imprese.
Scritto da Paola Mammarella