Nuovo BIM, le sfide della digitalizzazione
Il decreto firmato dal ministro Delrio introduce modelli di gestione digitale nei processi di costruzione e richiede formazione, competitività e organizzazione.
È un passo avanti importante quello che in queste ore viene fatto sulla strada della digitalizzazione negli appalti pubblici: il ministro Delrio ha, infatti, firmato il decreto BIM (Building Information Modeling), uno dei principali provvedimenti attuativi del Nuovo Codice dei Contratti Pubblici, che prevede l’introduzione progressiva di modelli di gestione digitale delle informazioni nei processi di costruzione di edifici ed opere di ingegneria civile. L’obiettivo di questo passo in avanti è aumentare la qualità dei progetti e delle opere: il decreto, definendo le modalità e i tempi di introduzione dell’obbligatorietà dei metodi e degli strumenti elettronici di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture nelle stazioni appaltanti, permette di produrre benefici alla spesa pubblica e ai prodotti immobiliari o infrastrutturali e di rendere più efficiente l’operato degli addetti ai lavori, con il conseguente incremento della loro redditività.
Il provvedimento disciplina gli adempimenti preliminari delle stazioni appaltanti, che dovranno adottare un piano di formazione del proprio personale, un piano di acquisizione o di manutenzione di hardware e software di gestione dei processi decisionali e informativi e un atto organizzativo che espliciti il processo di controllo e gestione.
Al momento è previsto un utilizzo facoltativo dei metodi e degli strumenti elettronici per le nuove opere o per gli interventi di recupero ma dal 1° gennaio 2019 questo utilizzo per le stazioni appaltanti che abbiano ottemperato agli adempimenti preliminari diventerà obbligatorio per gli appalti di importo pari o superiore ai 100 milioni di euro. Poi ci sarà un adeguamento progressivo (anno per anno) fino all’implementazione obbligatoria del BIM anche per gli appalti inferiori a 1 milione dal 2025.
Al CNI (Consiglio Nazionale Ingegneri), che pure apprezza la validità del provvedimento, non sfuggono “i problemi legati ai nuovi profili professionali, alla scrittura di nuove regole etiche e deontologiche più coerenti con l’innovazione digitale – si legge in una sua nota – e, infine, i problemi legati alla crescita delle strutture professionali ed a una loro organizzazione in grado di competere in una sfida molto articolata e complessa quale quella che si sta aprendo”.